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INDIVIDUALISTI O COLLETTIVISTI ?


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E’ un quesito che spesso mi pongo, tutte le volte che ripercorro con la memoria i tempi più belli passati al mare con i miei cari amici di gioventù nel litorale laziale, fatto di pescate indimenticabili tra Lavinio, Anzio, e Torre Astura.

Sembra incredibile raccontarlo eppure non era difficile trovare quindici metri di visibilità e un mare ricco di pesci a soli 60 chilometri dalle foci del mefitico Tevere.

Erano i mitici anni sessanta, si partiva la mattina in cinque stipati dentro una vecchia cinquecento (ogni dieci chilometri ci fermavamo perché il motore scaldava) con l’attrezzatura che puzzava di grasso alla grafite che usavamo per lubrificare i fucili a molla.

Si pescava in tana, quasi sempre ci si divideva per poi ritrovarci sulla spiaggia, ognuno col proprio ricco carniere.

Avevamo stilato una graduatoria con punteggio ricavato dal numero di pesci, dalle specie e dal peso di ogni unità.

Esisteva una sorta di individualismo, di sfida costante, ma anche di amicizia e di lealtà.

La pesca in tana consentiva di operare in coppia (uno sparava e l’altro recuperava) e questo veniva messo in pratica quando le profondità erano più impegnative.

Il pesce non mancava, era quasi impossibile uscire dall’acqua a mani vuote, e quindi l’impegno, le tecniche per l’apnea erano semplici.

Esisteva comunque il desiderio di essere più bravi e di dimostrarlo agli altri amici.

Purtroppo il migliore di noi, (soprattutto per le sue grandi doti umane) venne a mancare in una maledetta mattina di giugno, creando una profonda ferita mai rimarginata. Il gruppo dopo quasi dieci anni si disgregò. Rimasi due anni senza andare più al mare poi pian piano ripresi e mi ritrovai per un lungo periodo a pescare da solo. Riuscii a sgomberare la mente e a concentrarmi sulla tecnica. Provavo nuovi sistemi di pesca, cercavo sempre posti nuovi, andavo fondo, ero irrequieto e mai mi sentivo appagato. Per me era come una grande sfida, era come se il mare dovesse ridarmi quello che mi aveva per sempre tolto.

Lentamente apprezzai il pescare in completa solitudine, la rabbia si era dileguata, ero più tranquillo e le sensazioni erano più intense. La solitudine mi dava un grande senso di libertà, di unicità e di concentrazione. Ho pescato così per molti anni, anche se di tanto in tanto riaffiorava il desiderio di essere in compagnia, condividere determinate situazioni, poter ridere e scherzare insieme a dei buoni amici e onesti compagni di pesca.

Oggi preferisco andare a pescare in coppia, soprattutto per motivi di sicurezza. Anche se faccio una pesca tranquilla, in acqua bassa, provo sempre un certo timore pensando ai rischi stessi insiti nella nostra disciplina. Mi rendo perfettamente conto di essere stato eccessivamente spericolato e di essermi trovato stupidamente in situazioni pericolose mettendo a repentaglio la mia vita, la serenità e il futuro della mia famiglia.

Però l’interrogativo rimane, e mi chiedo, e chiedo anche a voi:

quale è la vera anima del pescatore sub ? è quella più individualista, competitiva e solitaria o è quella goliardica e socievole, che senza invidia né gelosia riesce a condividere i migliori risultati, le migliori pescate e le più cocenti sconfitte, e al contempo è capace di riporre nel proprio compagno di pesca la fiducia necessaria per la tutela della propria incolumità?

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anche io mi sono posto queste domande, per anni sono andato sempre in coppia, poi, per questioni di lavoro e di orari e giorni incompatibili con altre persone, ho pescato sempre da solo (a parte qualche raro caso ) e devo dire che , come dici tu, l'essere solo mi rende più libero e rilassato, quelle poche volte che vado in compagnia, non riesco a stare tranquillo, ho il pensiero al mio compagno e ogni minuto alzo la testa cercando (con ansia) il palloncino e quando lo vedo fermo, corro nelle vicinanze e mi tranquillizzo solo se vedo il cappuccio del sub muoversi.

si potrebbe risolvere pescando fianco a fianco, ma praticando quasi esclusivamente agguato e aspetto è impossibile, quando ad essere con me sono i miei generi (neo pescasub) ho sempre gli occhi verso i loro palloncini e pesco solo quando li vedo rientrare a riva.

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La mia esperienza è quella di chi da anni frequenta un gruppo di pescatori subacquei (un Club sportivo), e in base ad essa io credo che la nostra natura sia principalmente solitaria e competitiva.

Perchè allora ci si riunisce?

La molla iniziale che spinge ad unirsi ad un gruppo di pescatori sconosciuti è sempre un naturalissimo egoismo: si cerca la gratificazione personale sottoforma di miglioramenti nella pesca subacquea, nella creazione di rapporti di amicizia, entrambe le cose, etc.

Non tutti però reggono all'impatto e c'è sempre chi non rinnova la tessara l'anno successivo.

La ragione di certi comportamenti è sempre la stessa: l'egoismo.

Quando il bisogno di un tornaconto personale è troppo forte, spesso non si riesce ad inserirsi bene nel gruppo e se ne esce prestissimo.

Un esempio potrebbe essere quello di chi, sulla base del mero pagamento di una quota sociale, si aspetta che la federazione faccia miracoli per lui e/o i soci lo prendano per la manina insegnandogli tutti i loro segreti, piuttosto che quello di chi è talmente competitivo da non digerire il fatto che altri possano essergli superiori.

Altri reggono all'interno di un gruppo del genere a tempo determinato, ossia fino al momento in cui ritengono di non avere altro da imparare e non è più necessario fingersi un amico affezionato (io definisco questi "gli sciacalli" o anche "gli avvoltoi").

Altri ancora scoprono che la vita di gruppo diventa piacevole per il singolo anche per le sensazioni che gli altri gli possono dare a prescindere dalla pesca subacquea (che comunque è il collante), così nascono le amicizie vere e si viene a creare il cosiddetto "zoccolo duro del cub", ossia il gruppo che resta pressochè invariato negli anni.

E' soltanto l'esistenza degli ultimi a spingermi a rinnovare la tessera ogni anno!

Ciò non toglie che quando si parla di pesca subacquea, rivalità ed individualismo restino delle costanti, che lo si voglia ammettere o no.

Il senso di ammirazione che si prova per l'istruttore o comunque per il punto di riferimento del momento, spesso, altro non è che la malcelata voglia di eguagliarlo e poi bastonarlo a sangue in mare :P ma la "rivalità", se vissuta con equilibrio e sulla base dell'amicizia, spesso si traduce in divertimento ed è per questo che alcuni scelgono di intraprendere la via della competizione sportiva vera e propria, che io ritengo la "via ideale" del pescatore subacqueo (quello individualista e competitivo, appunto).

Quallo di cui parlo è comunque un certo tipo di agonismo, ossia quello che più mi piace e che trovo più sano, oltre che prevalente rispetto ad altri...

Dopo sto quadro generale su gruppi e club in particolare, torniamo alla domanda iniziale: i pescatori subacquei sono statisticamente più socievoli o solitari?

I numeri dicono che ad aggregarsi "seriamente" (fatta quindi eccezione per il gruppo che nasce la sera prima di andare a mare con lo scopo della divisione delle spese) sia una minoranza sempre più esigua, quindi direi indubbiamente solitari!

Modificato da siccia
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Riesco a nutrirmi delle emozioni del mare solo quando sono solo con me stesso e la natura.

 

Vado anche a pesca con qualche amico, sempre gli stessi, ma le sensazioni non sono le stesse; è diverso, nè meglio, nè peggio. In compagnia è più divertente, certe volte tornato a casa ancora rido per le battute, gli sfottò e le situazioni comiche che si creano, ma fondamentalmente sono un solitario, per vivermi il mare devo essere solo, magari in una cupa giornata autunnale con mare mosso e torbido senza anima viva nei paraggi.

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A mio parere tutto procede con la maturazione ( o meno ) dell'individuo. L'idividualismo è una caratteristica dei giovani, avanzando l'età si capisce che si ha sempre più bisogno di condividere ed appoggiarsi agli altri. Fanno eccezione i soliti " Lupi Solitari " che soli erano e soli resteranno.

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Riesco a nutrirmi delle emozioni del mare solo quando sono solo con me stesso e la natura.

 

Vado anche a pesca con qualche amico, sempre gli stessi, ma le sensazioni non sono le stesse; è diverso, nè meglio, nè peggio. In compagnia è più divertente, certe volte tornato a casa ancora rido per le battute, gli sfottò e le situazioni comiche che si creano, ma fondamentalmente sono un solitario, per vivermi il mare devo essere solo, magari in una cupa giornata autunnale con mare mosso e torbido senza anima viva nei paraggi.

 

Quoto in pieno, specialmente l'ultima frase...

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Riesco a nutrirmi delle emozioni del mare solo quando sono solo con me stesso e la natura.

 

Vado anche a pesca con qualche amico, sempre gli stessi, ma le sensazioni non sono le stesse; è diverso, nè meglio, nè peggio. In compagnia è più divertente, certe volte tornato a casa ancora rido per le battute, gli sfottò e le situazioni comiche che si creano, ma fondamentalmente sono un solitario, per vivermi il mare devo essere solo, magari in una cupa giornata autunnale con mare mosso e torbido senza anima viva nei paraggi.

Sono perfettamente allineato , solo che io l'acqua la preferisco pulita :D

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bha!

io credo che la pia sia una sorta di droga

a volte è bello sballarsi da soli a volte in compagnia

non sempre però la droga prende tutti bene e qui bisogna dire che come tutte le droghe vanno digerite per viverle bene

tanti si sballano per il così fan tutti altri per dipendenza

è un viaggio nella propria natura e quelle porte che andiamo ad aprire ci mostrano la realtá sul nostro essere

più volte ho fatto l'esempio del leone che da cucciolo caccia per gioco ma crescendo realizza che l'ammazzare o morire è il suo destino

trovarsi ribaltati in questa natura nascosta nel profondo delle nostre cellule celebrali può non essere accettata da tutti

quindi sono collettivo con chi ha nella pia la vita, intesa come carica o energia vitale e sono individualista, nel senso non condivido con chi non accetta gli effetti collaterali della disciplina oppure ancora gioca a fare il pescasub

le svigliaccate, le avventure, gli sfottò, le battaglie pure con i miei compagni mi hanno sempre regalato vita

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Ospite Gianfranco Ciavarella

Condivido quando posso e trovo amici disponibili ma se dovessi aspettare le disponibilità non andrei mai a pesco con la frequenza che mi e' necessaria. Mi trovo quindi a fare di necessita virtù. Per esperienze plurinegative non vado a pesca con inesperti poiché smetto di pescare e faccio il pallone umano perdendo il piacere e la serenità. Men che meno vado in acqua con sconosciuti. Morale? Un buon 60/70% delle volte vado solo.

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Riesco a nutrirmi delle emozioni del mare solo quando sono solo con me stesso e la natura.

 

Vado anche a pesca con qualche amico, sempre gli stessi, ma le sensazioni non sono le stesse; è diverso, nè meglio, nè peggio. In compagnia è più divertente, certe volte tornato a casa ancora rido per le battute, gli sfottò e le situazioni comiche che si creano, ma fondamentalmente sono un solitario, per vivermi il mare devo essere solo, magari in una cupa giornata autunnale con mare mosso e torbido senza anima viva nei paraggi.

 

 

riquoto in pieno...

 

Quoto in pieno, specialmente l'ultima frase...

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Però l’interrogativo rimane, e mi chiedo, e chiedo anche a voi:

quale è la vera anima del pescatore sub ? è quella più individualista, competitiva e solitaria o è quella goliardica e socievole, che senza invidia né gelosia riesce a condividere i migliori risultati, le migliori pescate e le più cocenti sconfitte, e al contempo è capace di riporre nel proprio compagno di pesca la fiducia necessaria per la tutela della propria incolumità?

 

 

 

Non credo che individualista-solitario sia sempre sinonimo di competitivo, così come non penso che il compagnone sia sempre anti-agonista. Può essere vero anche il contrario. Dopotutto se sei solo non ci pensi neanche a cosa prendono gli altri (a meno che non ti isoli apposta per nascondere i tuoi posti, i tuoi segreti ecc. Ma anche lì alla fine devi comunque cercare gli altri per fargli vedere quanto sei bravo).

 

A me piacciono entrambe le cose, compagnia e solitudine. Anche se ho sempre la senzazione che in mare alla fine sei solo comunque.

Modificato da zefiro
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bha!

io credo che la pia sia una sorta di droga

a volte è bello sballarsi da soli a volte in compagnia

non sempre però la droga prende tutti bene e qui bisogna dire che come tutte le droghe vanno digerite per viverle bene

tanti si sballano per il così fan tutti altri per dipendenza

è un viaggio nella propria natura e quelle porte che andiamo ad aprire ci mostrano la realtá sul nostro essere

più volte ho fatto l'esempio del leone che da cucciolo caccia per gioco ma crescendo realizza che l'ammazzare o morire è il suo destino

trovarsi ribaltati in questa natura nascosta nel profondo delle nostre cellule celebrali può non essere accettata da tutti

quindi sono collettivo con chi ha nella pia la vita, intesa come carica o energia vitale e sono individualista, nel senso non condivido con chi non accetta gli effetti collaterali della disciplina oppure ancora gioca a fare il pescasub

le svigliaccate, le avventure, gli sfottò, le battaglie pure con i miei compagni mi hanno sempre regalato vita

e te la quoto,non c'è niente di più bello che ritrovarsi alla macchina con gli amici in una calda giornata di primavera e lamentarsi di non aver visto neppure una coda piuttosto che dell'antro smodato del culone di turno sbranando un paninozzo con mortadella e dissetandosi con un birrino!

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credo che il nostro comportamento dipenda dalla tipologia di pesca,mi spiego meglio

se decido di pescare agguatando in superficie credo che un compagno mi possa solo dare fastidio,allo stesso modo darei io fastidio a lui

se decido di andare a pescare in profondità credo che la presenza del compagno non sia un fastidio anzi un aiuto,solo nel caso in cui viga la regola che quando uno scende ,l'altro aspetta in superficie con la boa sotto mano

se andiamo a pescare insieme per poi dividerci in acqua credo sia inutile e che sia questa la situazione che crea competitività

riepilogando:

in acqua bassissima un amico è di intralcio,

in acqua bassa è di piacevole compagnia se si sta sempre vicini oppure fonte di competizione se ci si separa

in profondità è un grande aiuto,il nostro angelo custode se ci aspetta in superficie altrimenti diventa anche in questo caso fonte di competitività ,inutile in acqua,a mio parere

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ho ascoltato alla televisione i risultati di una recente ricerca scientifica (!) sulla felicità, in estrema sintesi essa dice che non sono i (troppi) soldi a fare la felicità ma è il complesso delle relazioni sociali che si riesce a tenere (con famiglia parenti e amici)....e ci voleva la scienza dico io!

 

comunque trasportando il concetto alla pesca sub ho interpretato così:

 

non è la quantità di prede che abbiamo catturato o l'ultimo super fucile in nostro possesso che ci farà felici, semmai la possibilità di condividere le emozioni della cattura o i cappotti con qualcuno che reputi un amico

poi in effetti la pesca intesa come contatto con la natura a molti regala già di per sè un senso di appagamento a prescindere dal fatto di essere soli anzi qualcuno cerca proprio la solitudine per vivere intimamente questo momento (un pò come gli alpinisti) tuttavia ritengo che da soli manca quel qualcosina che poi alla fine ti rende del tutto "felice"

 

Il mio discorso ovviamente non ha niente a che fare con gli aspetti tecnico-pratici ma piuttosto con l'idea che ciò che è bello (pescare) ti farà contento se sei solo ma ti renderà felice se lo puoi condividere

 

poi alla fine sappiamo bene che spesso o si va da soli o niente o che in certi posti se sei in compagnia è difficile pescare ma nella maggior parte dei casi se c'è qualcuno con cui sfottersi, godersi il mare, stringersi la mano per una bella cattura e dopo mangiarsi un panino con la mortadella sugli scogli....è meglio!

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