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Ai Cacciatori di mare e di terra


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Il caso e la necessità

 

Dalla mia esperienza di pescatore apneista con alle spalle 20 anni di gare nazionali ed internazionali, trenta anni suonati di attività, con miglia e miglia di mare, una crosta di sale sulla pelle e rughe a me care che solcano il viso, ho cercato di trasferire la mia conoscenza fatta in acqua e praticata per lungo tempo (oggi ancora), in campagna.

Ai più potrà sembrare alquanto bizzarra una simile velleità, ma, per quanto mi riguarda, ho trovato importanti e significative analogie trattandosi comunque di caccia anche se praticata in ambienti assai diversi per natura, ma simili, molto simili nelle dinamiche.

Esiste un sottile ed inarrivabile filo conduttore che lega mare e terra come se esistesse una “legge per il tutto”.

In verità, la lotta per la vita degli esseri che popolano le acque, è assai più cruda ed infame che in terra e la catena alimentare marina è quanto di più “animale” e serrato possa esistere. Nell’ambiente marino la lotta per la sopravvivenza risulta più vorticosa ed amplificata.

In mare, per ovvi motivi, l’essere umano deve svolgere sia la funzione dell’ ausiliare che quella, mi si passi il termine, di vero e proprio cacciatore/esecutore materiale. In sostanza, le due figure, ben distinte nella caccia terrestre, nell’elemento liquido si equivalgono.

Questo, naturalmente, porta l’apneista pescatore esperto a sviluppare o ad accrescere istinti primordiali “sopiti” che, nella fattispecie vengono catalogati, dagli addetti ai lavori, nel cosiddetto “senso del pesce”, ovvero la capacità che ha l’essere umano pescatore, praticante il mare in apnea, di riuscire a scovare il selvatico (pesce in questo caso) applicando definiti schemi / intuizioni consce ed inconsce che lo portano, spesso già dalla superficie, a capire dove scoverà l’animale (pesce) e dunque anche, tra l’altro, a razionalizzare al massimo il dispendio di energie al fine di raggiungere l’obiettivo.

Questa istintività/capacità innata e riadattata mi ha portato, nei miei luoghi, ad intuire, anche in relativo breve tempo, quali posti sono frequentati da determinati animali. Nel mio caso, praticando esclusivamente la caccia alla beccaccia, per mia natura, riesco a, mi sia concesso il termine, percepire ed intuire dove l’animale dimora ed a predefinire determinati itinerari e strategie tenendo in considerazioni i fattori quali la luna , il vento, la stagione, temperatura ecc, così come identicamente uso fare per il mare. Tra l’altro ho avuto modo di riscontrare che il comportamento della beccaccia è assai simile a quello di un determinato pesce del mediterraneo e pertanto, applicando gli schemi ed i comportamenti istintuali di cui parlavo sopra e riadattati e sulla terra ferma, riesco spesso, nel peggiore dei casi, a godere dell’incontro con la Regina. Naturalmente, allo scopo, utilizzo la mia fidata cagnetta ed il suo naso/lavoro, svolgendo io esclusivamente la vera e propria funzione di conduttore almeno nelle prime fasi. La eventuale seconda rimessa, lascio a lei suggerirmela anche se, spesso, ci troviamo d’accordo sul da farsi.

Tale argomento, che a me ha aperto sorprendenti scenari e grandi spunti di riflessione anche filosofici, mi porta a fare ulteriori considerazioni.

Il bravo pescatore apneista, per antonomasia, è colui che, in un ambiente marino povero, a confronto con altri pescatori, riesce a raggiungere un migliore risultato per quanto riguarda il numero della catture (sempre ed assolutamente nei limiti e nei modi consentiti dalla legge).

Pur tuttavia, operando il pescatore, in un ambiente naturale (mare), soggetto ad una innumerevole compagine di varianti, è possibile che incappi nella cosiddetta giornata/competizione storta. Il fattore fortuna risulta in alcuni casi, poche volte in verità, determinante, cosicchè può capitare che un pescatore qualsiasi possa fare risultato semplicemente perché in quel determinato momento/situazione si è trovato nel punto giusto al momento giusto.

Nelle competizioni, o nelle normali uscite, questo fattore (fortuna), che per statistica non influisce mai al di sopra del 15% , spesso, non influisce affatto.

Pertanto, nel tempo i soggetti/pescatori più dotati (senso del selvatico più spiccato – senso del pesce) risultano essere costantemente i migliori con linearità di risultati e di catture.

 

I nostri mari, a causa di uno sforzo di pesca professionale esagerato, stanno via via impoverendosi e gli stok ittici, fino a pochi anni or sono intatti, nel giro di un trentennio si sono drasticamente ridotti.

Gli scenari e le situazioni vissute da chi già si immergeva da pioniere nei primissimi anni del dopoguerra, se non in rarissime occasioni, per noi contemporanei, non sono più godibili.

Così è avvenuto e sta avvenendo nell’ambiente terrestre. Antropizzazione esponenziale dei territori, abbandono delle campagne e metodi di coltivazione non più a rotazione ma intensivi fanno si che la fauna, nel migliore dei casi, cali esponenzialmente di numero.

Ecco dunque che, oggi, il pescatore apneista di grido è colui che, nonostante un ambiente scarsamente popolato, riesce a portare a casa, con immensa soddisfazione per se e per i cari, una certa quantità di pescato; a tale proposito è bene sottolineare che il più bravo, tra chi pratica questa disciplina (pesca in apnea) o i più lodevoli, non sono coloro che riescono a realizzare catture dove di pesce ce n’è tanto, ma coloro i quali, in un ambiente povero, riescono a portare a casa, costantemente prede.

Gli avvezzi italiani a questa entusiasmante disciplina (pesca in apnea), per intendersi, non si misurano mai ad esempio in Corsica - dove una gestione seria ha fatto si che la politica dei parchi marini a rotazione garantisca una innumerevole quantità di pesce- ma si misurano su campi Italiani, per antonomasia poveri e difficili.

Nei fatti, coloro i quali risultano ottimi pescatori in Italia possono tranquillamente esserlo dappertutto.

Coloro i quali invece coronano giornate di carnieri impressionanti in Corsica o nel Nordafrica, per non parlare dell’Oceano,spesso e volentieri, in terra natia, messi a confronto con altri, fanno un bel buco nell’acqua.

Alla luce di quanto sopra esposto non posso che traslare quanto scritto, nella disciplina della caccia terrestre.

Facevo dentro di me questa riflessione e la condividevo ad una amico la passata stagione venatoria. Lui, giustamente inorgoglito dei propri risultati ottenuti insieme al suo cane in terra di Bulgaria circa le numerose catture messe a segno .

E poi? E poi ti accorgi che lo stesso cane e lo stesso cacciatore messi su un terreno povero, perdono di avidità dopo due ore. La voglia di cacciare passa, come all’ausiliare, così al conduttore. Dopo poco tempo cala la tensione venatoria e quei sensi e quella istintualità/iniziative, che invece a caccia ed in natura devono sempre rimanere vive, al fine di raggiungere lo scopo, ineluttabilmente sopiscono.

Deve essere ben inteso che ciascuno è assolutamente libero di vivere la passione come e dove vuole nei modi e nei tempi che meglio stabilisce. Ma per me che per mare e per terra vengo definito un “cagnaccio”, riuscire a scovare il selvatico è una necessità, e non deve accadere per caso. Sono nato cacciatore ed oggi, il bel lavoro del cane e le giornate passate in armonia in natura, per mia ossessione forse, per smania, o meglio per il mio modo di essere, non riesco a disgiungerle dall’arrivare a possedere la preda. Per adesso, non riesco ad andare oltre. In sostanza, tornare a casa senza beccaccia o tornare da mare senza pesce non mi lascia soddisfatto, anzi, assai teso, pur avendo goduto di scenari straordinari. Sono un cacciatore, e non riesco a prescindere da l raggiungimento del mio scopo. Ma, come diceva qualcuno, la caccia è sempre domani.

Ecco dunque, anche sulla terra ferma ed in condizione di scarsa presenza di selvatici, accade quello che accade per mare. Primeggiano, messi a confronto, quei cacciatori e quei cani che nonostante le scarse opportunità offerte dall’ambiente mantengono e sfruttano la loro maggiore avidità, un senso del selvatico più spiccato, una iniziativa forte immancabilmente unità ad una viva istintualità sempre pronta.

Parlo come si può notare dei due soggetti messi in campo, del cane e del cacciatore non considerandoli disgiunti ma come una unica entità che opera sul terreno in cerca dell’animale, in questo caso della beccaccia.

Dove inizia il ruolo del conduttore e dove termina quello dell’ausiliare nel mio caso?

Se, per mare sono stato abituato a svolgere per anni la doppia funzione, così come ancora faccio, come posso considerarmi disgiunto e dunque “solo conduttore”, operando sulla terra ferma?

Questa domanda me la sono posta più volte osservando me stesso ed il mio cane al lavoro. Certo il mio cane - dotato di un olfatto più fine del mio e della iniziativa ed istintualità che gli sono proprie, unite al senso del selvatico – opera mettendo in campo il suo bagaglio sia naturale che acquisito, ma io, che sono abituato ad operare per mare come ho sopra descritto (forte senso del pesce/selvatico – conduttore/ausiliare), giungo una moltitudine incredibile di volte a prendere identica iniziativa dell’ausiliare. In sostanza ad effettuare le sue stesse valutazioni, ad esempio per quanto riguarda le zone da battere a fondo, un tratto di macchia piuttosto che un’altra.

Ed ancora come è possibile che il mio cane, nel momento in cui io penso di rivolgere il pensiero e l’attenzione verso una determinata zona , esso stesso rientra per dirigersi proprio la? Eppure non abbiamo parlato!?

In che modo, abbiamo comunicato?

Siamo ancora d’accordo sul concetto di definizione separata di “Conduttore” ed “Ausiliare”?

Nel mio caso, così come in molti altri, ho ragione di credere di no.

In certi casi, come nel mio, l’entità che opera sul terreno è una sola, quella del “canecacciatore”

O del “cacciatore cane”, ma, per motivi dialettici, suona meglio la prima.

……………………………………………………………

Modificato da Alessio Gallinucci
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Alessio, io non sono cacciatore ma solo scarso pescatore.

I cani che ho avuto sono solo quelli da salotto che "apparentemente" hanno poco di selvatico.

 

Ma mi intendo un pò lo stesso de ste cose (o almeno m'illudo).

Credo che tutti siamo parte di un insieme sottilmente collegato, ma che la nostra mente semplicemente non sia in grado di comprendere tali collegamenti.

 

Nel caso dei cani, sono sicuro che loro inoltre leggano in tanti modi diversi i pensieri del padrone "capo branco" (quando è capobranco) e reagiscano di conseguenza.

Per esempio io se incontro una persona con un cane, per capire chi ho davanti guardo il cane e non il padrone . :o

 

Sarò matto, ma di solito non sbaglio!

:bye:

 

Ps: si vabbhè ma sti dentici li stai a ammazzà o no? :laughing::laughing::laughing:

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Il caso e la necessità

 

In sostanza ad effettuare le sue stesse valutazioni, ad esempio per quanto riguarda le zone da battere a fondo, un tratto di macchia piuttosto che un’altra.

Ed ancora come è possibile che il mio cane, nel momento in cui io penso di rivolgere il pensiero e l’attenzione verso una determinata zona , esso stesso rientra per dirigersi proprio la? Eppure non abbiamo parlato!?

In che modo, abbiamo comunicato?

Siamo ancora d’accordo sul concetto di definizione separata di “Conduttore” ed “Ausiliare”?

Nel mio caso, così come in molti altri, ho ragione di credere di no.

In certi casi, come nel mio, l’entità che opera sul terreno è una sola, quella del “canecacciatore”

O del “cacciatore cane”, ma, per motivi dialettici, suona meglio la prima.

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Alessio, come sai sono "cacciatore" anch'io, e anche con i miei cani succede la stessa cosa. Penso si tratti di qull'istinto primordiale che ci è rimasto dentro (del resto anche i nostri antenati delle caverne non spiccicavano una parola coi lupi :D , eppure ognuno aveva il suo ruolo!) Io di "cacciatori cani" ne conosco tanti! :lol::bye:

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Caro Alessio,

Anch'io come te sono pescatore in apnea (ovviamente la mia bravura non è neanche lontanamente paragonabile alla tua) e cacciatore; la beccaccia ha rappresentato per anni una passione immensa per me e per i miei cani da ferma, che - è proprio vero - sembravano leggermi nel pensiero.

Non posso che sottoscrivere tutto quello che dici: in un mare sempre più povero e sfruttato, al di là delle doti atletiche (che reputo influenti solo in parte) e delle attrezzature utilizzate (che incidono davvero molto poco), chi riesce ad ottenene buoni risultati con costanza è solo chi possiede un "fiuto" superiore per il pesce.

 

:bye:

Tano

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Con tutto il rispetto per la caccia in quanto passione simile alla nostra, vorrei far riflettere però su un aspetto di questa che incide in maniera rilevante sull'ambiente ed è questo: quanti quintali di piombo sotto forma di pallini vengono disseminati dall'insieme di tutti i cacciatori ogni anno nei campi, negli acquitrini e nei boschi? Supponiamo che i cacciatori in Italia siano 8000 (per difetto) ed ognuno spari in un anno 100 cartucce; in ogni cartuccia 30 grammi di piombo velenosissimo ( se non bastasse già quello prodotto dalla combustione dei motori a scoppio ) . . . totale: 8000 x 100 x 30 = 24'000'000 = quasi due tonnellate e mezza.

Molto meglio la PIA ogni volta che sparo il proiettile lo riutilizzo :D:D:D

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Con tutto il rispetto per la caccia in quanto passione simile alla nostra, vorrei far riflettere però su un aspetto di questa che incide in maniera rilevante sull'ambiente ed è questo: quanti quintali di piombo sotto forma di pallini vengono disseminati dall'insieme di tutti i cacciatori ogni anno nei campi, negli acquitrini e nei boschi? Supponiamo che i cacciatori in Italia siano 8000 (per difetto) ed ognuno spari in un anno 100 cartucce; in ogni cartuccia 30 grammi di piombo velenosissimo ( se non bastasse già quello prodotto dalla combustione dei motori a scoppio ) . . . totale: 8000 x 100 x 30 = 24'000'000 = quasi due tonnellate e mezza.

Molto meglio la PIA ogni volta che sparo il proiettile lo riutilizzo :D:D:D

C'è già, se non sbaglio, una proposta di legge per l'utilizzo di cartucce caricate con pallini d'acciaio! Anzi in alcuni posti, vicino a laghi o corsi d'acqua, è già obbligatorio, purtroppo a discapito della balistica, ma questa è un altra storia. :bye:

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Ma, come diceva qualcuno, la caccia è sempre domani.

Ecco dunque, anche sulla terra ferma ed in condizione di scarsa presenza di selvatici, accade quello che accade per mare. Primeggiano, messi a confronto, quei cacciatori e quei cani che nonostante le scarse opportunità offerte dall’ambiente mantengono e sfruttano la loro maggiore avidità, un senso del selvatico più spiccato, una iniziativa forte immancabilmente unità ad una viva istintualità sempre pronta.

 

 

Caro Alessio,

 

ho letto con grande interesse quanto hai scritto e ti ringrazio per la disponibilità che dimostri a comunicare agli altri, quelli che considero concetti fondamentali del'attività venatoria, sia di terra che di mare. Tu hai colto lo spirito profondo del cacciatore, figura oggi bistrattata da una società che fondamentalmente rinnega sè stessa e i principi su cui è cresciuta. Questo vero e proprio tradimento, è una delle cause del degrado sociale a cui stiamo assistendo. Nella notte dei tempi esisteva il cacciatore primordiale (Urjagger) in grado di provvedere al fabbisogno alimentare della tribù di cui era capo indiscusso per queste sue caratteristiche. A differenza di oggi quindi, chi commandava dava da mangiare invece che magnare.... In seguito ciò ha costituito la base per la nascità della nobiltà, che aveva sempre e comunque il dovere di proteggere e provvedere ai bisogni della comunità; nel caso contrario nasceva la tirrannia e sapiamo che l'uccisione del tiranno è stata sempre una pratica, non solo ammessa ma addirittura incorraggiata dalla Chiesa di un tempo. Nella citazione del tuo intervento che riporto, sta il nocciolo della questione: cacciatori si nasce, non si diventa. La società primordiale, come poi anche l'attuale ( se l'ordine naturale delle cose fosse rispettato) era formata da guerrieri/cacciatori, sacerdoti e servi. Ognuno ha la sua vocazione, ma indubbiamente noi che scriviamo dovremmo in teoria appartenere alla prima categoria. Questo certamente non è un pensiero politicamente corretto, ma anche questo distingue il cacciatore dal resto. E a questo proposito voglio riportarti la mia esperienza personale con quel grande campione che ancora è Donato Gerbino, uno che istintualità ne ha da vendere. Ancora oggi a quasi 73 anni, riesce fare dei carnieri incredibili, magari ripassando dove altri son già passati e solo e unicamente sul litorale genovese, non certamente in Corsica o altrove.

 

P.S. Tramite Luca Limongi sono stato tuo ospite qualche anno fà; se vieni in Liguria sono sempre pronto a sdebitarmi.

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Bello il discorso e il paragone...in entrambi i casi la bravura fa la differenza..ma parere personale l'impatto ambientale e il modus operandi della caccia rispetto alla pesca in apnea non è paragonabile per ovvi motivi (inquinamento come dice qualcuno, prelievo, difficoltà fisiche e mentali).

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Bello il discorso di Alessio, che condivido. Anche per me la PIA è una caccia sotto il pelo dell'acqua. Sensazioni, emozioni e stimoli sono pressocchè identici. Mi piacerebbe fare qualche considerazione che rimando tra un pò perchè ora non ho tempo.

 

In merito ad osservazioni sulla caccia che ho letto, vi faccio notare che: dire che un cacciatore inquina è leggermente ridicolo. E' uno dei (miserrimi e privi di senso) argomenti utilizzati dagli anticaccia (che, per inciso, dopo aver fatto fuori i cacciatori se la prenderanno con i pia, in alcuni casi hanno già cominciato). A parte che si mette insieme di tutto (cacciatori di anatidi, che come vi è stato fatto notare non usano da anni pallini in piombo), beccacciari e beccaccinari (che nelle annate migliori se sparano una trentacinque/quaranta colpi veri è grasso - io ho avuto annate con 5 colpi sparati in tutta la stagione, per fartuna 4 a segno) cinghialai e cacciatori di selezione (che sono la maggior parte dei cacciatori oramai, e sparano a canna rigata, con pallottole camiciate che hanno una dispersione di piombo assolutamente nulla) tordaioli (che comunque non inquinano più di un gommone di un pescatore in apnea) ecc.

Inoltre, scusate ma è senza senso la classifica di cosa è più difficile, e che con la pia non c'è paragone. Sembra di sentire qualcheduno di quei neofiti montati che se gli dici che (magari a febbraio) hai pescato a strusciapanza ti rispondono che loro pescano solo sotto i venti metri, perchè a strusciapanza è troppo facile, non c'è paragone (mi è capitato). A parte qualche caso che tutto è meno che caccia (vedi Aziende Turistico Venatorie) la caccia facile esiste solo per coloro che la giudicano dall'esterno senza averla mai provata. Ovviamente, con difficoltà di tipo diverso, rispetto alla pia, ma sempre difficoltà sono (fisiche, tecniche ecc.). Metterle in relazione è veramente insensato.

Sorry, ma quando sento queste contrapposizioni mi girano veramente i cosiddetti. Sarebbe ora di capire da che parte stanno, i nemici.

 

 

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Bello il discorso di Alessio, che condivido. Anche per me la PIA è una caccia sotto il pelo dell'acqua. Sensazioni, emozioni e stimoli sono pressocchè identici. Mi piacerebbe fare qualche considerazione che rimando tra un pò perchè ora non ho tempo.

 

In merito ad osservazioni sulla caccia che ho letto, vi faccio notare che: dire che un cacciatore inquina è leggermente ridicolo. E' uno dei (miserrimi e privi di senso) argomenti utilizzati dagli anticaccia (che, per inciso, dopo aver fatto fuori i cacciatori se la prenderanno con i pia, in alcuni casi hanno già cominciato). A parte che si mette insieme di tutto (cacciatori di anatidi, che come vi è stato fatto notare non usano da anni pallini in piombo), beccacciari e beccaccinari (che nelle annate migliori se sparano una trentacinque/quaranta colpi veri è grasso - io ho avuto annate con 5 colpi sparati in tutta la stagione, per fartuna 4 a segno) cinghialai e cacciatori di selezione (che sono la maggior parte dei cacciatori oramai, e sparano a canna rigata, con pallottole camiciate che hanno una dispersione di piombo assolutamente nulla) tordaioli (che comunque non inquinano più di un gommone di un pescatore in apnea) ecc.

Inoltre, scusate ma è senza senso la classifica di cosa è più difficile, e che con la pia non c'è paragone. Sembra di sentire qualcheduno di quei neofiti montati che se gli dici che (magari a febbraio) hai pescato a strusciapanza ti rispondono che loro pescano solo sotto i venti metri, perchè a strusciapanza è troppo facile, non c'è paragone (mi è capitato). A parte qualche caso che tutto è meno che caccia (vedi Aziende Turistico Venatorie) la caccia facile esiste solo per coloro che la giudicano dall'esterno senza averla mai provata. Ovviamente, con difficoltà di tipo diverso, rispetto alla pia, ma sempre difficoltà sono (fisiche, tecniche ecc.). Metterle in relazione è veramente insensato.

Sorry, ma quando sento queste contrapposizioni mi girano veramente i cosiddetti. Sarebbe ora di capire da che parte stanno, i nemici.

"Metterle in relazione è veramente insensato."

Appunto era quello che volevo dire magari mi sono espresso male...non è insensato ma non sono proprio paragonabili come attività venatorie!Troppo diverse per troppi fattori.

Ciao senza rancore e senza "giramento"

:)

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e sapiamo che l'uccisione del tiranno è stata sempre una pratica, non solo ammessa ma addirittura incorraggiata dalla Chiesa di un tempo.

. . . ah si? Strano!

Forse intendevi dire "da alcuni uomini di chiesa"; se leggo in esodo 20.13 Dio comanda di non uccidere, Gesù più avanti dirà: «Avete inteso che fu detto agli antichi: "Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio". Ma io vi dico: Chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio» (Mt 5,21-22).

 

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Bello il discorso di Alessio, che condivido. Anche per me la PIA è una caccia sotto il pelo dell'acqua. Sensazioni, emozioni e stimoli sono pressocchè identici. Mi piacerebbe fare qualche considerazione che rimando tra un pò perchè ora non ho tempo.

 

In merito ad osservazioni sulla caccia che ho letto, vi faccio notare che: dire che un cacciatore inquina è leggermente ridicolo. E' uno dei (miserrimi e privi di senso) argomenti utilizzati dagli anticaccia (che, per inciso, dopo aver fatto fuori i cacciatori se la prenderanno con i pia, in alcuni casi hanno già cominciato). A parte che si mette insieme di tutto (cacciatori di anatidi, che come vi è stato fatto notare non usano da anni pallini in piombo), beccacciari e beccaccinari (che nelle annate migliori se sparano una trentacinque/quaranta colpi veri è grasso - io ho avuto annate con 5 colpi sparati in tutta la stagione, per fartuna 4 a segno) cinghialai e cacciatori di selezione (che sono la maggior parte dei cacciatori oramai, e sparano a canna rigata, con pallottole camiciate che hanno una dispersione di piombo assolutamente nulla) tordaioli (che comunque non inquinano più di un gommone di un pescatore in apnea) ecc.

Inoltre, scusate ma è senza senso la classifica di cosa è più difficile, e che con la pia non c'è paragone. Sembra di sentire qualcheduno di quei neofiti montati che se gli dici che (magari a febbraio) hai pescato a strusciapanza ti rispondono che loro pescano solo sotto i venti metri, perchè a strusciapanza è troppo facile, non c'è paragone (mi è capitato). A parte qualche caso che tutto è meno che caccia (vedi Aziende Turistico Venatorie) la caccia facile esiste solo per coloro che la giudicano dall'esterno senza averla mai provata. Ovviamente, con difficoltà di tipo diverso, rispetto alla pia, ma sempre difficoltà sono (fisiche, tecniche ecc.). Metterle in relazione è veramente insensato.

Sorry, ma quando sento queste contrapposizioni mi girano veramente i cosiddetti. Sarebbe ora di capire da che parte stanno, i nemici.

"Metterle in relazione è veramente insensato."

Appunto era quello che volevo dire magari mi sono espresso male...non è insensato ma non sono proprio paragonabili come attività venatorie!Troppo diverse per troppi fattori.

Ciao senza rancore e senza "giramento"

:)

 

Ciao, intanto scusami per il tono che ho usato, rileggendomi sono stato un pò brusco (ma andavo di corsa che stavo per entrare in riunione). Mi scuso dicendoti che è un tema a cui tengo molto, quello di un'unità di intenti tra tutti i "non mutanti". Ma non è il tema in discussione.

Invece ciò che intendevo io è proprio l'opposto di quello che sostieni: è insensato secondo me mettere in relazione (per classificarle) le difficoltà delle due attività. Ma solo le difficoltà (diversissime, ma forti in ambedue le specialità).

Ma per il resto (ed in questo concordo perfettamente con l'Alessio), sono due espressioni diverse di uno stesso "tutt'uno". Almeno per me, ovviamente.

Quando sono in montagna, cercando le beccacce, lascia stare i fucile o il cane (che è parte di me stesso, spesso a beccacce si parla di "cacciatore a sei zampe"): io ed il mio cane seguiamo l'istinto, l'esperienza, le sensazioni che arrivano dall'ambiente circostante; e, a differenza di ciò che accade nella vita "cittadina", l'unico che guida o dirige le nostre azioni è il Grande Vento del Nord. Nè più nè meno di quello che facevano i nostri progenitori millenni fa (con mezzi diversi). Sai cosè una montagna, nelle nostre zone? E' una roba che ci metti più di una settimana, a battertela (cacciandoci seriamente: se prendi e imbocchi sugli stradelli, in 2 ore sei in cima, ma quello non è andare a caccia). Come scegli dove andare, che zone battere, quali versanti cercare? E' vero, la conoscenza delle zone e dei posti conta eccome (ne più e ne meno che nella pia). Ma ti assicuro che non basta.

Il punto però è un altro: non è un problema tecnico, carniere con un pochino di esperienza e di tecnica lo fai quasi sempre, o almeno abbastanza spesso (sia in apnea che a caccia). Magari non al livello dei migliori, ma lo fai.

Difficile spiegarlo. Proviamoci così: ti sei mai chiesto cosa ti spinge, realmente, ad alzarti dal letto caldo per andare a metterti una muta, magari nel gelo, e buttarti in un mare torbidissimo da quale esci, distrutto, dopo qualche ora a mani vuote? E magari, mentre la sera sciacqui l'attrezzatura, fai progetti per la prossima volta che ti alzerai all'alba per buttarti nel gelo? Ecco: ti giuro che, per me, per la caccia è la stessa identica cosa.

E' un errore, chiamarla "Pesca" in apnea. Credimi. E' una delle forme di "Caccia" più belle che si possano effettuare (come le beccacce e la caccia di selezione, che faccio regolarmente. Ma anche tutte le altre).

Sono due facce della stessa medaglia. Una medaglia che, per me, si chiama Uomo.

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