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Sanzioni Pesca: FIPSAS Contraria alla Riduzione di quelle per i Professionisti

Si è svolta il 4 maggio, presso la 9° Commissione Agricoltura del Senato, una nuova audizione informale delle associazioni della pesca sportiva, le quali hanno potuto presentare le loro osservazioni su alcune importanti questioni, su tutte, quella relativa al sistema dei controlli nel settore della pesca, con particolare attenzione alla richiesta di revisione, avanzata da parte della filiera professionale, della legge 154/2016.

Per chi non lo ricordasse, si tratta della recentissima normativa (agosto 2016) che ha introdotto un regime sanzionatorio molto più punitivo, tanto nei confronti dei pescatori ricreativi, quanto in quelli dei professionisti. Questi ultimi non hanno affatto gradito, iniziando fin da subito a denunciare come sanzioni troppo elevate danneggiassero le imprese (si, avete letto bene!) visto che, in buona sostanza, dichiarano che sia di fatto impossibile non infrangere le normative vigenti. Ai proclami verbali è seguita un’aspra contestazione che ha portato numerosi operatori del settore a mettere a ferro e fuoco la piazza di Montecitorio non più tardi di qualche mese fa. E cosa ha fatto il legislatore? È corso frettolosamente ai ripari riconoscendo che effettivamente quella legge andava molto “ammorbidita”.

matteoli_266601668Interpellata sulla questione, la FIPSAS, ha depositato una nota scritta che, in merito alla riduzione delle sanzioni pretesa dai professionisti, rispecchia quelle che sono le perplessità di un po’ tutto il mondo della pesca dilettantistica. Oltre a condividerne interamente il contenuto, ci permettiamo di aggiungere qualche nostro commento.

1- È ovviamente preoccupante che una legge: costruita su precisa richiesta dell’UE, concertata – pare – con le maggiori associazioni di rappresentanza della filiera professionale e della quale il partito di governo (PD) aveva fatto un suo fiore all’occhiello; possa oggi essere messa in discussione per qualche protesta di piazza. Che fine ha fatto l’integerrimo legislatore di cui parlava l’on.Oliverio durante l’audizione sulla licenza di pesca? Quello che non arretra davanti alle “pressioni” ma che porta avanti la sua battaglia politica in rappresentanza di un corpo elettorale ben più vasto dei portatori d’interesse che osteggiano il provvedimento? O era un discorso che valeva solo nei confronti dei pescatori dilettanti, perchè invece di fronte ai professionisti è più che saggio calarsi le braghe?

2- Appare oltremodo palese che il declassamento di alcuni illeciti da penali ad amministrativi, con conseguente raddoppio delle sazioni, sia una misura invisa solo a chi della sistematica violazione delle normative vigenti ha fatto la sua normale condotta di comportamento. Ma è un sentimento coerente con un sistema oggettivamente distorto, che pretende di trasformare un deterrente/punizione ad una pratica illecita, in una voce dei costi di produzione, e che, in quanto tale, esige che sia ragionevolmente sostenibile. Se poi certi concetti ottengono anche lo status di “richiesta condivisibile”, costringendo il legislatore a rimangiarsi la propria paola in neanche un anno, appare chiaro che è solo una lotta in cui si impone quello che urla e schiamazza più forte.

3- È un imbarazzante controsenso parlare di “Gestione razionale e SOSTENIBILE delle risorse ittiche” se poi, nei confronti delle catture accessorie o accidentali oltre misura, perfino su stock ittici rigidamente tutelati e contingentati (Tonno Rosso e Pesce Spada), si rischia appena una multa e il sequestro del pescato. Anche perchè diciamocelo chiaramente, quelle catture di accessorio e/o accidentale non hanno proprio nulla e al netto dei controlli effettuati nei nostri mari, 99 volte su 100 la si passa liscia. Nessuno si ricorda di quel motopesca calabrese, privo di quote di pesca al tonno, che nel giugno del 2015 tentò di sbarcare 30 tonnellate di pregiato tunnide come “catture accidentali”?!

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4- Sarebbe poi sacrosanto prevedere una sorta di “aggravante” nel momento in cui le violazioni in materia di pesca sportiva e ricreativa vengano poste in essere da soggetto titolare di licenza di pesca professionale o da dipendendente regolarmente assunto nella filiera. Se non per tutti, quantomeno per quei comportamenti che sono di palese orientamento professionale e commerciale. Non si può infatti continuare a fingere di non vedere che la fittizia pratica dilettantistica venga spesso sfruttata per poter pescare legalmente soprattutto tonni e pesci spada, salvo poi immetterli nel commercio in maniera illecita trattandosi di pescato derivante da attività ricreativa (quindi non vendibile), oltrechè spesso non tracciato nè tracciabile. In caso di contestazioni poi, queste finiscono nel calderone degli illeciti commessi dalla pesca ricreativa, mentre andrebbero a tutti gli effetti ascritte alla pesca professionale.

Manteniamo la speranza che i rilievi sulla questione siano stati chiesti per reale interesse, anche se l’ostilità della commissione ci è sembrata tangibile fin dall’inizio e ci lascia pensare più ad una sorta di pro-forma. Ci resta poi un’ultima domanda che poniamo soprattutto al legislatore: ma al termine di questa certosina opera di depenalizzazione, si può sapere che cosa sarà ancora definibile, a tutti gli effetti, come “pesca illegale”?

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