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Mondiale 2014: se qualcuno fa il gioco degli avversari

| 17 Dicembre 2014 | 0 Comments

Il campionato mondiale 2014 di pesca in apnea si è concluso da poco più di un mese e mezzo; il quarto posto individuale di Concetto Felice, e lo stesso piazzamento nella platonica classifica a squadre, hanno fatto storcere il naso ad alcuni e plaudire, quasi fosse una vittoria, altri. Per noi che abbiamo seguito la competizione da vicino, che sapevamo le reali vicissitudini della Nazionale e che abbiamo più di qualche volta cercato di minimizzare le problematiche, è senza dubbio un ottimo risultato. Adesso, a bocce ferme, proveremo a spiegarne il perché.

Che sia stato un mondiale difficile per tutti, soprattutto per le rappresentative di scuola mediterranea, è sotto gli occhi di tutti: storicamente l’oceano, inteso come acque torbide e tumultuose, da affrontare di petto, pescando in bassofondo, ci ha sempre creato problemi insormontabili. Le criticità organizzative poi, già messe in luce da altre nazionali, sono riuscite a complicare ulteriormente la strada, soprattutto rallentando non poco la preparazione dei campi gara. Ma fin qui stiamo parlando di fattori che hanno interessato tutti, che altro è successo in casa nostra?!

Tutti sanno quanto sia importante la condizione mentale in una performance sportiva, il riscaldamento inizia spesso giorni prima della gara ed è una questione innanzitutto “di testa”. E’ fondamentale riuscire ad allontanare tutti gli stimoli negativi e circondarsi solo di persone e situazioni capaci di infondere carica positiva, solo in questo modo si costruiscono i risultati. Ecco, questa atmosfera all’interno del club azzurro è stata totalmente assente, ora è inutile girarci intorno.

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Andrea Settimi e Concetto Felice a Vigo, i loghi non erano un problema (foto A.Balbi)

La squadra non è mai stata unita e fin da quando vennero annunciati ufficiosamente i titolari si sapeva che sarebbe stato così. La questione di Vigo – conclusasi con l’assoluzione di tutti gli imputati – ha comunque lasciato pesanti strascichi, complice l’obsoleta formula “per insufficienza di prove” che non condanna, ma macchia con l’ombra sospetto e non mette mai l’accento sul fatto che l’illecito non sussista, quanto invece sull’impossibilità di provarlo, lasciando con ciò intendere che un qualcosa sia stato effettivamente commesso. Sospetto che per alcuni è divenuto certezza ed ha portato a logorare un rapporto tra i titolari, che durante la trasferta peruviana è più volte sfociato in discussioni, placate solo dal buon senso della giovane riserva designata. Un clima profondamente teso e un gruppo spaccato a metà non predispongono affatto ad una gara così importante, ma la situazione ha avuto modo di complicarsi ulteriormente…. e qui arriviamo al vero nocciolo della questione, quello che ispira il titolo di questo editoriale.

I vertici federali questa volta sono stati i primi avversari da cui difendersi: con un tempismo veramente disastroso sono riusciti a sgretolare l’ultimo briciolo di concentrazione e fiducia che restava nei nostri portacolori, tanto che si è veramente rischiato che nessuno scendesse in acqua.

Il 28 ottobre, solo quattro giorni prima del mondiale e mentre la squadra era in Perù già da dieci giorni, giunge  una mail a firma del segretario generale Zuccarello che getta nel panico più totale un po’ tutti. La missiva rammenta l’obbligo perentorio di oscurare tutti i loghi presenti sulle attrezzature, ricordando che con la sottoscrizione del “regolamento squadre nazionali” gli atleti si sono impegnati a non esibire insegne diverse da quelle federali durante le competizioni disputate con la maglia azzurra. Il messaggio sottolineava come l’eventuale inadempienza avrebbe potuto costituire oggetto di denuncia in sede civile per il reato di pubblicità occulta. Sorvoliamo sul nonsense giuridico di una simile affermazione, che mescola il piano civile con quello penale (sic!) ed evoca un reato inesistente ed una norma del codice civile che ci appare decisamente inapplicabile al caso di specie, peraltro sottratto alla giurisdizione ordinaria dalla clausola compromissoria insita nel tesseramento.

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Jody Lot, Samuel Tomas e Santi Lopez Cid (foto V.Prokic)

Per capire bene i termini di questa spinosa vicenda è utile andare a leggere il regolamento sulla base del quale il segretario generale formula il diktat, scoprendo per prima cosa che risulta essere stato approvato dal Consiglio Federale il 28 gennaio 2012. Ciò significa che non stiamo affatto trattando di una nuova disposizione, ma di regole con ogni probabilità vigenti tanto al mondiale di Vigo 2012 quanto all’europeo di Helsinki 2013, nei quali non si è mai andati a porre obiezione alcuna sulle attrezzature usate dagli atleti.

In secondo luogo l’art. 3 del regolamento chiarisce bene che: “Per la durata della convocazione gli Atleti sono obbligatoriamente vincolati ad utilizzare le attrezzature fornite dalla F.I.P.S.A.S.

L’uso di tenute sportive o di attrezzature alternative a quelle fornite in dotazione, di uso personale degli Atleti, e recanti esclusivamente il marchio di fabbrica, nella misura non eccedente quella stabilita dalle Federazioni Internazionali di cui la F.I.P.S.A.S. è membro, potrà essere specificamente autorizzato dal Rappresentante della Federazione solo previo rilascio da parte dello Sponsor tecnico, a richiesta dell’Atleta, di espressa deroga.”

In questo caso la federazione non risulta aver fornito alcun tipo di attrezzatura ad eccezione dell’abbigliamento regolarmente utilizzato, né risulta che abbia tollerato la misura minima stabilita dalle federazioni internazionali visto che la missiva intima la copertura totale di tutti i loghi senza eccezione. Per inciso, e contrariamente a quanto sostenuto dai vertici federali in merito al fatto che si tratti di disposizioni CMAS, la diretta richiesta ad un membro della commissione pesca ci ha confermato che non esistono limitazioni in merito alle sponsorizzazioni individuali degli atleti. Del resto, è facile farsene un’idea osservando le centinaia di foto della manifestazione che sono state postate sui social network, constatando la rigogliosa fioritura di marchi più o meno noti, tanto nelle attrezzature quanto nel vestiario.

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Daniel Gospic, Xavier Blanco e Manolis Giankos (foto V.Prokic)

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, è legittimo chiedersi perché tanto terrore e addirittura il pericolo di non gareggiare, rischiando peraltro di incorrere ugualmente in una pesante squalifica. Il motivo è semplice: il deferimento per pubblicità occulta – è già successo nel settore mare – può comportare un provvedimento di radiazione, ed è logico quindi che tanto gli atleti quanto i loro sponsor tecnici non volessero in alcun modo pregiudicare la carriera nazionale e internazionale propria o dei propri testimonial.

Vale la pena sottolineare che nessuno nella precedente comunicazione del 10 luglio aveva prospettato le gravi conseguenze di un’eventuale inadempienza ad un regolamento, lo ricordiamo,  con ogni probabilità valido tanto a Vigo quanto ad Helsinki e che queste problematiche non aveva sollevato, nonostante i vertici federali fossero gli stessi di oggi.

Alla fine, fallito il tentativo di trattativa degli atleti con la federazione, si è cercato alla meglio di coprire il possibile, compatibilmente con la disponibilità di materiale idoneo allo scopo, e si è gareggiato solo dopo che il dirigente accompagnatore Roberto Palazzo ha assicurato che i ragazzi avevano fatto tutto il possibile per ottemperare alle richieste federali. L’unico che non ha ceduto al diktat è stato Bruno De Silvestri, dichiaratamente al suo ultimo mondiale e ritiratosi dall’agonismo nazionale. De Silvestri, però, resta comunque un tesserato: vedremo se le minacce resteranno sulla carta o se il presidente del settore si deciderà a usare il pugno di ferro o a chiudere entrambi gli occhi, entrambi comportamenti già adottati in passato.

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Concetto Felice con la muta “censurata”, Bruno De Silvestri con la muta di sempre (foto Pescasubmarina Television)

Per la cronaca, identico trattamento è stato riservato alla nazionale di tirosub impegnata nella 1a edizione del Campionato Europeo di Tiro al Bersaglio Subaqueo. Solo il maggiore preavviso ha permesso di trovare una soluzione di ripiego, ossia far gareggiare gli italiani con una maglietta bianca sopra la muta a copertura dei loghi e con del semplice nastro a censurare i fucili.

Era necessario tanto inutile accanimento?! Aveva senso questo rigurgito di legalità dopo che per anni si è tollerato lo status quo – per nulla differente rispetto a quello che caratterizza le altre federazioni internazionali – e in una situazione in cui il taglio di fondi provenienti dal CONI costringerà, quasi certamente, il settore ad andare dalle stesse aziende che oggi ha trattato alla stregua di indebiti approfittatori ad elemosinare sponsorizzazioni per sopravvivere?!

E come mai tanta solerzia non è stata sfoderata in occasione degli Europei di Apnea CMAS a Tenerife di quest’anno?! Non risulta che la federazione abbia sottoscritto contratti di sponsorizzazione per la sola nazionale di apnea. Vista la moltitudine di marchi esibiti dagli atleti in questa occasione, è ininifluente pensare che si sia fatto finta di nulla o che, solo in questo caso, siano state concesse opportune deroghe: è comunque sotto gli occhi di tutti che la dirigenza abbia fatto figli e figliastri. Viene da domandarsi il perchè…

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Due scatti dai Campionati Europei di Apnea CMAS 2014 a Tenerife (foto Facebook)

Forse adesso è chiaro a tutti di quale disastrosa situazione sia figlio il risultato della nostra nazionale e perché non si possa considerare alla stregua di altri simili del passato. Vedere emergere da queste macerie un talento cristallino come Concetto Felice, capace di impressionare perfino gli spagnoli al punto da farlo definire “uno dei tre più forti pescatori europei”, quando a pochi giorni dalla prima frazione aveva il morale letteralmente a pezzi e il fondato timore non far bene, non può che considerarsi una vittoria. Vedere un ragazzo come Christian Mortellaro, intento a tenere insieme i pezzi di una squadra sfilacciata e scaraventato in acqua senza quasi preavviso, lottare senza risparmio e migliorare dalla prima alla seconda giornata quando quasi tutti hanno fatto peggio, non può che considerarsi un autentico successo.

Ora la Nazionale dovrebbe ricominciare… ma da cosa? Dall’assenza assordante di un CT (le cui veci saranno esercitate dal Presidente del settore fino a conclusione del mandato) che sappia costruire un gruppo affiatato e selezionarlo, prendendosene le responsabilità, in base alle gare che si andranno a disputare; e non lasciando che il club azzurro venga determinato da regolamenti nazionali che ormai premiano soltanto i razzolatori profondi e che mostrano da anni tutti i loro limiti in campo internazionale?!

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Category: Agonismo, Articoli, Editoriali, Pesca in Apnea

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