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Video Pescasub: La pesca nella Posidonia, il Sarago Maggiore

| 22 Gennaio 2013 | 1 Comment

Con questo articolo l’e-zine di Apnea Magazine inaugura una nuova serie a carattere monografico, saranno corredati di brevi clip video che andranno ad integrare o sostituire integralmente i tradizionali contributi fotografici. L’obiettivo è quello di riuscire a trasmettere in maniera ancora più vivida e comprensibile lo spirito dello scritto, sia che si tratti di racconti che di spiegazioni tecniche; presentando in particolare la prospettiva dinamica della cattura che la fotografia tradizionale non riesce a cogliere.

“In mare non si finisce mai di imparare, e proprio quando si è convinti di aver ricavato delle certezze, tutto viene nuovamente messo in discussione.” Non c’è frase che possa riassumere meglio l’essenza stessa della pesca subacquea, ed è proprio alla luce di questo principio che questo articolo non vuole descrivere tecniche di pesca o assunti infallibili, sicuri che le strategie di caccia sono sempre profondamente influenzate da innumerevoli fattori difficilmente controllabili. Vuole più semplicemente presentare delle situazioni in cui i comportamenti del sarago maggiore (Diplodus sargo sargo) esulano da quanto tradizionalmente descritto. Una serie di “casi particolari” per ampliare un po’ la conoscenza del mare e dei sui abitanti.

Un grosso sarago alla base di un cespuglio di posidonia (foto D.Serra)

La prateria di posidonia è uno degli habitat più diffusi nei fondali marini, di certo uno dei più ricchi di vita ma anche di difficile interpretazione da parte del pescatore subacqueo, soprattutto quando l’assenza o la scarsità di rocce trasforma gli steli verdi nella vera e propria dimora dei pesci. Il sarago maggiore è uno dei pinnuti che riesce a sfruttare al meglio i nascondigli offerti dalla posidonia, complice anche una inaspettata capacità mimetica che gli permette di eclissarsi con facilità senza lasciare tracce.

I posidonieti nei quali il sarago ama stazionare, cercare cibo e nascondersi, sono caratterizzati da un substrato in gran parte ricoperto dalla pianta ma spesso intervallato da piccole pozze o canali sabbiosi, ciottolosi, basse formazioni di coralligeno o comunque roccia bassa che non forma tane né tettoie di riparo. Su questi fondali capita di imbattersi in grossi esemplari isolati, ma anche in corpulenti voli di pesci che come evanescenti fantasmi sgattaiolano tranquilli nella penombra della vegetazione. I movimenti sinuosi e l’apparente tranquillità non devono però ingannare, si tratta di sparidi che conoscono bene la minaccia del subacqueo e che hanno imparato con il tempo ad essere molto fiduciosi delle loro doti di escapologia.

La prima cosa che dobbiamo cercare di valutare in caso di incontro è il comportamento del pesce; si possono presentare varie situazioni che richiederanno approcci mirati per cercare di concretizzare la cattura. Il primo frangente, ed anche quello più favorevole per il pescatore, è quello in cui ci imbatteremo in un pesce che nuota già a contatto con il fondo, che scompare lentamente nella posidonia accostandosi appena alle radici del tassone o anche solo sosta nella penombra dei risvolti del fogliame. In questo caso, se la visibilità lo permette, riusciremo a mantenere a lungo un contatto visivo pur difficoltoso, anche durante la discesa; il continuo movimento delle lunghe pinne pettorali che il sarago utilizza per mantenersi in equilibrio idrostatico e il candido biancore dei raggi spinosi delle pinne ventrali, diverranno per noi, con un pizzico di esperienza, delle spie infallibili.

L’avvicinamento sarà effettuato con una lenta caduta a spirale che ci permetterà di sfruttare la copertura visiva e sonora della posidonia fino all’ultimo, il tiro sarà ravvicinato, quasi sempre in diagonale e dall’alto verso il basso. Il difficile, almeno le prime volte, sarà riuscire a capire l’orientamento del pesce nell’ombra in modo da trafiggerlo in una zona di buona tenuta, perché no, cercando di rovinarlo il meno possibile e soprattutto senza incastrare la tahitiana. Le posizioni solite sono quelle in cui il pesce si presenta di piatto affiancato al tassone, oppure di sbieco con la testa orientata verso il largo o verso l’interno del cespuglio. Facendo le cose nel più assoluto silenzio arriveremo vicinissimi al pesce e avremo tutto il tempo di studiare posizione e tiro, non dobbiamo però cadere nel tranello di pensare che sia un pesce immobile in attesa del dardo. La minima scoordinazione provocherà la fuga precipitosa e inarrestabile del nostro sparide e il conseguente disturbo di buona parte della zona.

Decrizione clip: un grosso sarago sorpreso alla base delle radici della posidonia, nel punto in cui è stato visto sparire, con un silenzioso agguato in bassofondo. (D.Serra)

L’accompagnamento “coatto”

Più complessa e ricca di opzioni è la situazione in cui il sarago è stato “accompagnato” all’interno della posidonia con un pedinamento più o meno lungo e insistente da parte del subacqueo. Per quanto si sia trattato di un semplice seguirlo a distanza e nonostante non abbia dato manifestazioni di nervosismo o peggio di paura, il pinnuto è comunque entrato in allerta e difficilmente si comporterà come appena descritto. Se nel primo frangente il pesce in pratica si limita a controllare la situazione nascondendosi parzialmente, in questo caso proverà a far perdere le sue tracce avendo già ampiamente identificato la minaccia.

I primi istanti dopo la scomparsa dello sparide ci serviranno per cercare di anticipare la sua strategia difensiva. Assodato che nella maggioranza dei casi non sarà ad attenderci dove lo abbiamo visto dileguarsi, dobbiamo cercare di intuire se il suo piano di fuga si basi sull’allontanarsi costeggiando i bordi del cespuglio di posidonia, sul nascondercisi dentro in profondità, sull’attraversarlo per sbucare da un’altra parte o se ancora voglia attraversarne un tratto per fermarsi immobile poco distante ma sempre coperto dalle foglie.

Un sarago guardingo si nasconde nella posidonia (foto D.Serra)

E’ chiaro che, almeno le prime volte procederemo per tentativi, e solo con il tempo ci abitueremo a riconoscere le scappatoie più utilizzate in ragione della zona e del comportamento dei pinnuti. Un’ottima visibilità sarà un impagabile alleato, permettendoci di distinguere le marcate striature del maggiore o di seguirne la traiettoria di fuga scrutando il fogliame che lentamente si muove al suo passaggio. Il tuffo inizierà sempre con una lenta caduta di studio, durante la quale cercheremo gli indizi appena descritti e che, in loro assenza, continueremo con un silenzioso agguato bordeggiando il fogliame fino a fermarci per scrutare al suo interno nella speranza di scorgere qualche piccolo dettaglio della livrea della nostra preda. In genere avremo una sola possibilità, dopodichè il pinnuto riprenderà a spostarsi senza farsi vedere.

Non tutti i frangenti accennati nascondono le stesse difficoltà di cattura. Il sarago che si allontana costeggiando la posidonia è forse la situazione meno complessa. A patto di riuscire ad intuire correttamente la direzione presa dal pesce, siamo facilitati dal fatto che ricerchiamo un pesce in movimento, che spesso frulla le pettorali, messo di taglio, con la coda all’insù e il muso verso il fogliame, pronto a fiondarcisi dentro. Non è un tiro semplice visto anche il bersaglio esiguo, ma la sua individuazione a contrasto della vegetazione statica o appena ondeggiante, risulta comunque più agevole.

Decrizione clip: un sarago sparisce tra le alghe ma un’accorta ricerca lo scopre anche se distante dal punto d’ingresso (D.Serra)

Come un ago in un pagliaio

Al contrario, un sarago che abbia deciso di intanarsi in profondità nella posidonia è un pesce completamente immobile, appoggiato al fondo sabbioso e “incastrato” tra gli steli delle piante. Molte volte saremo costretti a infilare completamente la testa nel fogliame, cercando di scrutarlo in controluce nel tentativo di scorgere la silohuette traslucida di una pinna o della coda, il giallino dei prominenti incisivi o la striatura della livrea. A patto di riuscire poi ad inquadrare il bersaglio, cosa spesso veramente ardua se non impossibile a seconda di che misura di fucile impugnamo, la cattura non presenterà grossi problemi, bisogna solo far attenzione a non piantare l’asta tra le radici rischiando di strappare il pesce e di perdere tempo ed energie prezioso per il recupero. In questa situazione non esauriremo le nostre possibilità di cattura con un unico tuffo. Avendo cura di non frullare le pinne sopra il cespuglio in risalita, squassandolo, potremo ispezionarlo con attenzione per qualche altra immersione, magari impugnando un fucile di lunghezza più appropriata ai tiri a bruciapelo.

Decrizione clip: un grosso sarago viene ripreso mentre volteggia sulla posidonia per poi intanarvisi in profondità. Il tempo di passare in prima tacca, di verificare che non sia uscito dalla parte opposta del tassone e inizia la ricerca (D.Serra)

Il sarago “camminatore”

Alle volte capita che il sarago decida, una volta entrato nella posidonia, di attraversarla per sbucare dal lato opposto al suo ingresso. In questa situazione può risultare arduo tallonare il pesce per riuscire a scoccare il tiro non appena uscirà dal fogliame. Dovremo seguirne la traiettoria che ci verrà indicata dagli steli che si piegano appena al suo passaggio, e più la vegetazione sarà mossa dalla corrente o dalla risacca, e più facile sarà confonderci e perdere di vista il bersaglio. Il tiro sarà molto difficile, da tergo e di taglio, su un pesce esitante ma nervoso e già pronto a partire verso il largo o a tuffarsi nuovamente nell’impenetrabile rifugio verde. Anche stavolta o la và o la spacca…

Decrizione clip: un sarago sorvola gli steli verdi per poi scomparire al loro interno, il tempo di capire che non vi sosterà a lungo e inizia la caduta per scoccare il tiro appena uscirà per fuggire a precipizio(D.Serra)

L’eterno indeciso

Può anche capitare che, avvertendo l’avvicinamento del subacqueo, il sarago decida invece di immobilizzarsi all’istante tra le foglie nel tentativo di sfuggirci. In questo caso avremo probabilmente seguito il caratteristico serpeggiare nel fogliame già dalla superficie e lo avremmo visto interrompersi durante la discesa. Focalizzeremo quindi la nostra attenzione nel punto in cui ogni movimento è cessato, cercando di cogliere la minima sfumatura della livrea mimetica del maggiore. Il tiro sarà dall’alto verso il basso, su un bersaglio di taglio, nascosto ma almeno fermo e confidente delle sue doti mimetiche. Se non individuato al primo tuffo talvolta concede una seconda chance, altre sentendosi allontanare il pericolo riprende la sua marcia eclissandosi con eleganza.

Decrizione clip: gli steli si aprono al passaggio dello sparide che attraversa le alghe senza essere visto, poi più nulla. Una lentissima caduta permette di individuarlo immobile nel folto della vegetazione e…(D.Serra)

Lo spavento che immobilizza

L’ultimo caso riguarda una conseguenza fortuita che talvolta ha dato i suoi frutti su pesci molto spaventati. Succede di avvistare pallonate di saraghi irrequieti che non hanno nessuna intenzione di accucciarsi sul fondo e che seguitano a volteggiare nervosamente nella colonna d’acqua. In questi casi delle planate con inseguimento rasente il fondo e padella finale ovviamente non voluta, hanno avuto un risultato inaspettato. Il sarago, anziché fiondarsi verso il largo come impazzito, si immobilizza sul fondo, tra roccia e posidonia, con una colorazione mimetica molto marcata tendente qualche volta al verde. E’ un momento di indecisione che dura pochi istanti, richiede un tuffo immediato con una caduta lenta, se possibile sfruttando la copertura del posidonieto, fino all’ultimo. Il tiro è come sempre difficile, su un pesce nervoso, carico come una molla, pronto a scattare e sempre posto di taglio. Inutile sottolineare che in questo più che in altri casi non sono ammessi errori, il pesce non ci porgerà l’altra guancia.

Decrizione clip: un tiro d’imbracciata su un sarago nervoso e scattante, una padella inevitabile e uno sviluppo imprevisto (D.Serra)

In sintesi la pesca nella posidonia è una pesca d’osservazione, quello che fa realmente la differenza è la capacità del pescatore di notare anche i minimi movimenti “sospetti” che possono denunciare la presenza di una preda. Non servono armi particolari o potenze esagerate, così si finirà solo per storcere e incastrare irrimediabilmente le aste nelle intricate radici della posidonia. E’ una pesca d’esperienza, solo con questa riusciremo ad identificare le zone di elezione di questa o quella specie all’interno del posidonieto. Solo con lunghe ore di pinneggiate esplorative arriveremo ad accumulare quelle conoscenze che ci permetteranno di fare carniere anche quando le altre tecniche e gli altri segnali non saranno prodighi come sperato.

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