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La pesca in tana – I° parte

| 23 Giugno 2003 | 0 Comments

 

Seppur raramente, l’orata può essere catturata anche in tana

La pesca in tana è la più classica delle tecniche, e forse la più antica. A differenza di quanto affermato da molti, resta una tecnica regina al pari di agguato e aspetto, e chi la pratica con criterio deve avere grandissimo allenamento, istinto molto sviluppato e ottime doti atletiche.
La pesca in tana si è spostata verso quote sempre più profonde, e l’abilità del cacciatore sta nell’individuare le tane in punti come secche, franate, concentrazione di grossi massi, massi isolati, lastre, grotto e spacchi nel fango duro alla base delle posidonie.

TRA I MIEI RICORDI

Quando mi affacciai alla pesca sub, agli inizi degli anni settanta, era normale per chiunque catturare prede dignitose sotto le pietre, anche in pochissimi metri d’acqua.
Ricordo in particolare la prima metà degli anni settanta, quando -giovanissimo- con un corto Katiuscia della GSD armato di asta da 9mm, suscitavo l’invidia dei miei amichetti, dotati dei Mini saetta a molla. Col fucile oleopneumatico della G.S.D riuscivo a catturare qualsiasi pesce: grossi gronghi, murene, saraghi, corvine e non raramente le cernie di peso. La fortuna di abitare ad Olbia e di trascorrere lunghi mesi a stretto contatto con il mare insieme alla mia famiglia mi offrì l’opportunità di raffinare sempre più la tecnica con grande successo. Erano altri tempi, e sebbene fossi solo un ragazzino in quel periodo per i giovani della mia età era abbastanza normale ricevere un fucile subacqueo come regalo per la promozione. In qui primi anni 70 conquistai la fiducia dei miei genitori e dei più grandi ed esperti del posto che, valutati i successi di cattura, mi portavano a pesca nelle isole costiere più lontane.
A distanza di tantissimi anni credo mi sia concesso un pizzico di vanità: riuscivo a catturare più pesce di chi mi portava e seguiva in acqua. Pescare da adolescente nelle isole di Mortorio e di Tavolara era il massimo della soddisfazione, poiché si trattava di zone per grandi ed esperti pescasub. La fortuna di avere in casa il fidanzato di mia sorella Angelo Masotti, attuale titolare di Cicci Sport, un negozio tecnico di subacquea qua ad Olbia, era grande. Cicci (Angelo) appartiene alla famiglia dei “Re di Tavolara”, e in quel periodo non mancavano le occasioni di visitare i posti più ricchi di lastre, come le famose strade romane.

La cernia, preda classica da tana

Oltre ad avere la possibilità di andare a pesca a Tavolara, Cicci gestiva un ristorante a Marinella, e così le isole di Mortorio e Soffi erano le mete preferite delle nostre battute. Fino ai primi anni 80 le attenzioni di tutti i pescasub erano rivolte esclusivamente alla pesca in tana. Il mercato fu invaso dalla serie Sten della Mares, e in quel periodo si affermarono le fiocine in nylon con le robuste punte della Mustad, di buona qualità. Un corto Oleo, ed in particolare il Medisten di quegli anni, era in grado di fermare qualsiasi pesce.
Tra i ricordi di pesca con medisten e mustad, ne conservo uno in particolare: la cattura di una grossa cernia nella zona di Cala Spada, nei pressi di Golfo Aranci. In planata di ricognizione del fondo, vidi una scodata all’ingresso di un masso, e in principio pensai ad una grossa corvina. Feci una prima sommozzata, ma osservando la tana fino all’altra apertura non vidi nessun pesce, così riguadagnai la superficie. Convinto che il pesce non potesse essere uscito dalla tana scesi a controllare meglio, e in un lato vidi la corona di spine di una cernia e alcune inconfondibili macchie.
La cernia si era infangata quasi completamente: mirai il pescione nel punto che mi sembrava garantire la presa migliore e sparai, fulminandolo. Una volta fuori dalla tana, mi resi conto delle sue dimensioni: pesava poco più di 16 kg. Ci furono anche degli anni in cui nelle Bocche di Bonifacio le tane ospitavano grandi quantità di grossi saraghi e corvine a quote non proibitive: altri tempi.

LA PESCA IN TANA OGGI

A distanza di trent’anni, posso serenamente affermare che la pesca in tana è ancora una delle tecniche “classiche” del pescatore in apnea, e continuerà ad esserlo. I pesci sono sempre più rari, le quote sempre più impegnative: spesso solo chi ha maturato esperienze negli anni può dedicarsi alla pesca in tana con successo.
Nel bassofondo, inteso come fondale fino ai 15 metri di profondità, i pesci in tana ormai non esistono quasi più; solo nei mesi invernali di Gennaio e Febbraio può capitare raramente di riuscire ad effettuare catture significative sotto le pietre e dentro gli anfratti. Nei mesi più caldi, invece, le quote sono sempre più impegnative. La profondità in cui le prede si concentrano maggiormente in tana e che consentono pertanto di applicare questa tecnica con successo sono quelle della batimetrica che và dai 15 metri in giù, ma chi ha grandi capacità atletiche e tecniche si avventura ad ispezionare buchi, spacchi ed anfratti anche nell’abisso, a quote superiori ai trenta metri.

LE PREDE DELLA PESCA IN TANA

I pesci più pregiati da insidiare sono i saraghi, le corvine e le cernie, inoltre in tana si catturano anche capponi, gronghi, murene, mustelle, tordi e non rari anche i cefali.

Anche la corvina è una preda comune del

Più rare sono le catture delle orate, e per quanto sembri strano può capitare di catturare qualche raro dentice e la spigola.

UNA CATTURA RARA

Tra tante rarità da tana lo scorso anno nell’isola di Figarolo ho catturato una Ricciola di sette chilogrammi in un grosso spacco sotto la parete. Sicuramente si era appostata nell’ombra per cacciare. E’ stata una ricciola più piccola, che stavo per sparare in caduta, a portarmi da questa più grossa, che al mio sopraggiungere stava abbandonando il buco.

Quel giorno feci uno dei miei incontri con Pinna Bianca, il delfino del racconto in A.M., e fu una giornata indimenticabile.

DIFFERENZE TRA TERRRITORI

Nella Sardegna Settentrionale, le cernie, i saraghi e le corvine si possono trovare ancora a quote più basse nelle zone di grotto e nelle acque esposte frontalmente ai venti nord-occidentali, e cioè quelle zone che esposte ai venti e alle piogge rendono proibitiva la pesca nei mesi più freddi a causa del torbido.
Una realtà che ho avuto modo di verificare in tanti anni è che il pesce in tana è sempre meno presente per vari fattori legati al prelievo, compreso quello di noi pescapneisti.
Il pesce di tana soccombe sotto i palamiti e le reti da fonda della pesca professionale,vengono sempre più disturbati dai sub ARA e dalle assidue frequentazioni di noi pescatori.

Al contrario di quanto tanti sub sostengono, sono convinto che le secche principali si svuotino sopratutto dove è più assidua la frequentazione di sub ARA. Ho avuto modo di verificare negli anni che dove si immergono costantemente i Diving il deserto è assicurato, e di conseguenza i periodi migliori sono quelli del fine primavera ed inizio estate, prima che i diving si scatenino. Per sostenere la mia opinione, posso portare l’esempio di una zona nelle bocche di Bonifacio che conosco e tengo gelosamente segreta. Nel primo mese estivo dello scorso anno ho avvistato tantissimi saraghi, tanti da non riuscire a contarli o stimarli -parlo di saraghi di generose dimensioni, con molti esemplari prossimi al chilogrammo di peso- e contare diverse cernie nell’arco della stessa pescata.

Ebbene, durante la fine di giugno e per tutta la durata di Luglio ed Agosto i pesci sono spariti, per poi fare nuovamente la loro comparsa non appena i Diving hanno chiuso i battenti a fine stagione. Posso portare altri esempi relativi ad altre zone della Sardegna facilmente verificabili da tutti, come alcuni punti di Capo Ceraso, Figarolo, La Marmorata etc.

Di conseguenza, credo di poter affermare con serenità che la rarefazione del pesce è da attribuire a tanti sistemi di prelievo ben precisi quali la pesca professionale, le frequentazioni eccessive dei Diving e non ultimi gli abili pescasub, che riescono a catturare dove altri non vedono una pinna. La forma più vigliacca di prelievo in tana è quella effettuata con fucile e bombole, sicuramente uno dei grandi motivi della mancanza e rarefazione delle cernie. Il bracconaggio con l’ARA nella stagione calda, purtroppo, è ancora abbondantemente praticato.

Un sub ha appena estratto una corvina da un anfratto

CHI PRATICA LA PESCA IN TANA

A praticare con successo la pesca in tana sono sopratutto gli agonisti, mentre la grande massa di appassionati preferisce tralasciare questa tecnica per dedicarsi ad altre. Tanti dichiarano di non praticare la pesca in tana poiché manca il pesce e le tane sono vuote. Gli appassionati preferiscono le altre tecniche direi per comodo o per inesperienza, in quanto per praticarla con successo occorrono grandi doti fisiche, grande ritmo, istinto sviluppatissimo e capacità di operare a quote impegnative. In gara i campioni dell’agonismo concentrano le loro attenzioni soprattutto verso questa tecnica, che il più delle volte permette loro la conquista dei titoli ed il successo.

SICUREZZA

La pesca in tana è una disciplina che richiede grandi doti individuali, ma non per questo deve essere praticata da soli: pescare in coppia, al contrario, costituisce la primissima regola per effettuarla con successo.
Si pratica con scelte ben precise, e tanti che non dispongono di gommone la effettuano con partenze da terra; chi dispone di un gommone, potrà fare scelte diverse come impostazione ed attrezzature.
A seconda dei periodi, il rischio è legato direttamente alla mancanza di conoscenze e ai limiti fisici.
Il maggior rischio è sempre la sincope ipossica conseguente ad un’apnea prolungata: avvalersi della presenza di un compagno pronto ad intervenire aumenta grandemente la sicurezza. Il più delle volte, le conseguenze di una sincope si riducono enormemente con l’intervento di chi vigila ed è pronto ad estrarre immediatamente dall’acqua il compagno che subisce l’incidente.

Quando si forma la coppia, è importante alternarsi nei tuffi e scendere a turno.
Servono la massima attenzione e prudenza: quando uno scende spetta al compagno vigilare e controllare che tutto sia concluso positivamente, con o senza cattura del pesce. Mentre il primo si immerge, quello in superficie controlla e si prepara al tuffo e si immerge a sua volta solo dopo essersi assicurato dello stato di salute del compagno appena emerso. La sincope può verificarsi a tutte le quote, ma la maggior parte delle volte avviene negli ultimi metri di risalita, tanto che viene chiamata anche la sincope degli ultimi sette metri; non va dimenticato che la sincope può sopraggiungere anche dopo alcuni secondi rispetto alla riemersione. Di conseguenza, non bisogna mai immergersi senza l'”ok” ed il consenso del compagno.

Sempre ai fini della sicurezza, bisogna prestare grande attenzione quando si ispezionano gli anfratti e le tane, perché uno dei pericoli maggiori della pesca in tana è quello di incastrarsi sul fondo. E’ indispensabile evitare tutti quegli accessori che, sporgendo dalla nostra figura, possono creare un appiglio e causare l’incidente: ad esempio, mulinelli posizionati in cintura, cavetti portapesci a forma di T, retine di qualunque genere, carichini per oleopneumatici ed arbalete legati al polso o fissati in cintura, aeratori vincolati alla maschera con anellini di gomma, piombi di zavorra autocostruiti e di forme strane e sporgenti.

Il mio consiglio è semplice e chiaro: raggiungere un perfetto affiatamento col compagno di pesca o DESISTERE.

Bisogna abituarsi a impostare la pescata parlandone a terra prima della partenza, sia che si debba pescare partendo da terra sia che si disponga di un gommone.
Tutti i dettagli, intesi come pianificazione della battuta, tragitti, orari etc.., devono essere discussi compiutamente, meglio se il giorno prima. E’ importante concordare dei punti e degli orari di ritrovo conosciuti da entrambi per il caso in cui ci si perda di vista; in tal caso, si deve interrompere l’azione di pesca e ritrovare il compagno per continuare a pescare a stretto contatto. Non si deve mai pedagnare la boa ed allontanarsi in solitudine. Soprattutto nelle partenze da terra, è necessario non cambiare niente della pianificazione di propria iniziativa e all’insaputa del compagno.
Altra regola: mai proseguire o insistere da soli qualora un compagno avvisi stanchezza o malessere. La pesca in tana darà soddisfazione e successo solo quando si divide tutto col compagno, anche il pescato. Il pescato, se abbondante, và diviso in uguali parti o consumato insieme unendo le famiglie e gli amici. Qualora i pesci fossero pochi, saranno presi a turno da uno dei due pescatori. Adottando questi criteri, sicurezza, divertimento e soddisfazioni non mancheranno.

ATTREZZATURE

MAriano Satta con una coppiola di saraghi

Particolare attenzione meritano le attrezzature, che si differenziano nelle uscite con gommone e in quelle da terra. A differenza di quanto fatto con le tecniche dell’Agguato e dell’Aspetto, l’esposizione non tratterà distintamente la pesca in bassofondo ed in profondità. Spetterà a ciascuno di noi valutare i limiti in base all’esperienza, alle capacità, alle doti atletiche e al grado di allenamento.
A seconda dei periodi le mute avranno un diverso spessore, ma solo i più abili potranno fare uso di mute lisce, mentre i più preferiranno quelle con fodera esterna, in modo da limitare per quanto possibile le abrasioni, i graffi ed i tagli che si possono verificare ispezionando le tane.
A differenza di altre tecniche, la pesca in tana è una disciplina molto dinamica, ed il continuo movimento permette di utilizzare mute di minore spessore anche nei mesi più freddi, a beneficio della libertà di movimento.

Nei mesi più caldi le quote si fanno più profonde, e la scelta cade su mute di minimo spessore, realizzate in neoprene di qualità con poco effetto “memoria” allo schiacciamento ed ottima elasticità.
I guanti ed i calzari sono sempre d’obbligo, infatti oltre proteggere la pelle garantiscono un beneficio anche da un punto di vista termico. La zavorra deve essere calibrata in base alle quote operative, la pesata deve essere posizionata in una sola cintura, che in caso di necessità deve essere sempre sganciata.
Non vanno usati ne schienalini ne gilet..

Per motivi di sicurezza, sconsiglio di usare cinture alla “Marsiglese”, in quanto le fibbie non sempre assicurano la possibilità di sganciare rapidamente, soprattutto in certe situazioni.
La maschera deve essere preferibilmente a volume ridotto, e deve permettere una buona o ottima visuale.
Particolare attenzione meritano le pinne, che devono essere obbligatoriamente di qualità, permettere di guadagnare il fondo in tempi brevi e con poco dispendio di energie, risultare agili sul fondo e in grado di esprimere tutta la loro efficacia e bontà nelle fasi di risalita.
Durante gli ultimi metri di emersione è conveniente smettere di pinneggiare e lasciarsi portare su dalla spinta positiva della muta; il tubo andrà sempre sputato, come in tutte le discipline che si praticano a quote impegnative.
I tubi devono essere preferibilmente anatomici, mai fissati alle maschere e realizzati in materiale morbido.
I fucili che si usano in tana vanno scelti in base alle caratteristiche del fondale. Ad esempio, chi pesca nel grotto è obbligato ad armi cortissime, mentre nei fondali della Sardegna dove pesco solitamente le armi più adatte sono di buona lunghezza.
Tanti per la pesca in tana preferiscono ancora i corti oleopneumatici muniti di fiocina, altri dei corti arbalete muniti di tahitiane di diametro generoso. Chi usa gli arbalete deve essere consapevole del fatto che l’asta con l’aletta fissa si può incastrare fra i massi e finire perduta.

E’ risaputo che la cernia, regina dei fondali, per essere catturata in tana richiede l’utilizzo di armi sufficientemente potenti ed agili. Il monopolio del passato dei fucili oleopneumatici è caduto, ed oggi si trovano in commercio degli arbalete che permettono di effettuare catture di ogni genere ed in qualunque anfratto o tana.
Come sempre le scelte sono personali e il mercato è sufficientemente ricco di armi di ogni tipo, in grado di soddisfare tutti.

SCELTA E VALUTAZIONE DELLE ATTREZZATURE

La valutazione delle attrezzature più adatte alle nostre caratteristiche è fondamentale. Chi parte da terra ha necessità di pinne reattive, che permettano il nuoto di superficie e le discese a fondo, di conseguenza vengono consigliate tutte quelle pinne che presentano una mescola media.
Al contrario, chi pesca con l’assistenza del gommone può scegliere, per le azioni a fondo, di usare le pinne di mescola più dura, poiché i lunghi spostamenti in superficie verranno fatti in gommone e non a nuoto.
Chi parte da terra, come chiunque pratichi la pesca in apnea, deve essere dotato di boa segna sub di generose dimensioni, infatti il pericolo maggiore durante il periodo estivo sono le imbarcazioni dei diportisti.
La boa deve essere munita sempre della bandiera rossa con diagonale bianca e per obbligo di legge deve essere visibile ad almeno 300 mt. di distanza. Qualunque boa segna sub senza bandiera potrebbe essere scambiata per un gavitello di ormeggio o di segnalazione delle reti da posta, e non a caso la legge punisce il sub con boa senza bandiera allo stesso modo in cui punisce chi non ha neanche la boa.
Chi si muove col gommone può scegliere tranquillamente qualunque tipo di galleggiante, mentre chi parte da terra troverà dei grossi vantaggi in alcuni modelli particolari o nelle plancette.
Attualmente il mercato offre delle boe specifiche dotate di tasche porta oggetti e generosi velcri che permettono di portare dietro altri fucili, aste di ricambio ed accessori vari.
Mi soffermo un attimo sull’utilizzo della torcia, accessorio utile ad un buon pescatore di tana.
I più abili ne fanno tranquillamente a meno, ma le loro sono capacità di avvistamento maturate in tantissimi anni, a beneficio di catture sicure. Infatti, è ormai risaputo che il più delle volte, alla vista della luce della torcia, i pesci abbandonano le tane precipitosamente.
La luce delle torce deve essere generosa, non deve essere concentrata e puntata direttamente sui pesci. Le tane vanno illuminate lasciando il pesce sempre nel bagliore e in penombra per evitare che questi scappino, abbandonino le tane o si spostino nei meandri più profondi.

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